Storia

Se potessimo rimettere insieme tutto ciò che mi è passato per le mani, non basterebbe Piazza Vittorio a contenerlo.
 

Pietro Accorsi

Le Origini della Fondazione

 

L’ipotesi di una Fondazione viene concepita da Pietro Accorsi sul finire degli anni Sessanta del Novecento quando, dopo lunghe discussioni e molti incontri con Giovanni Agnelli e Werner Abegg nell’antica Vigna della Regina che l’antiquario ha in gran parte arredato e di proprietà del banchiere e industriale tessile zurighese, prende corpo l’idea di unire le forze e fare nascere una Fondazione culturale, chiamata amichevolmente “Le tre A”, dalle iniziali dei tre fondatori. Il progetto si arenerà sul finire del 1969, quando Agnelli si svincolerà per dedicarsi alle sue fabbriche, a seguito di quello che venne definito l’Autunno caldo, con scontri e proteste di piazza; a seguire, anche Abegg rinuncerà al progetto, abbandonando definitivamente Torino per tornare in Svizzera.
Accorsi però continua ad inseguire un sogno: catturare il Bello per lasciare alla città che ha visceralmente amato un’impronta, una traccia forte di sé e della sua storia con una Fondazione di caratura internazionale. A tal fine, incaricherà l’avv. Paolo Emilio Ferreri di occuparsi di tutte le pratiche per fare nascere una Fondazione. Il suo sogno si concretizzerà il 14 maggio del 1975, quando sarà presentato lo Statuto della Fondazione: del consiglio d’amministrazione, oltre al fondatore Pietro Accorsi, farà parte, a vita, il suo segretario Giulio Ometto. La motivazione della scelta della Fondazione è riportata nel suo testamento: “Desidero che il mio nome resti legato agli oggetti d’arte e d’antiquariato da me in un’intera vita di lavoro raccolti e conservati […] perché la villa stessa da me con passione arredata costituisca una raccolta museologica dove la gente possa visitare e apprezzare quei mobili e quegli oggetti d’arte e d’antiquariato. Questo vuole essere un dono fatto alla gente intesa come insieme di persone da coltivare”.
Dopo la scomparsa di Accorsi, avvenuta nel 1982, la Fondazione, presieduta da Giulio Ometto fino alla sua morte, si occuperà di realizzare nel Palazzo Accorsi il Museo di Arti Decorative, nonchè di preservare le opere del celebre antiquario e di incrementarne la raccolta attraverso il recupero di capolavori senza tempo.

La storia del Palazzo Accorsi

 

L’origine del palazzo è dovuta all’intraprendenza dei Padri Antoniani, che nel 1616 aprirono ai religiosi e ai malati un grande complesso, comprensivo di palazzo e chiesa dedicata a Sant’Antonio abate, al fondo dell’odierna Via Po; per circa 150 anni il complesso fu una delle sedi più prestigiose degli Antoniani in Piemonte ed Italia.

Alla metà del Settecento gli Antoniani affidarono a Bernardo Vittone il rimodernamento della chiesa. Il grande architetto sistemò la chiesa, il coro, il campanile ed approntò il decoro del presbiterio. La chiesa di Sant’Antonio era allora ricca di opere d’arte, dipinte da Giovanni Paolo Recchi, Carle Dauphin, Alessandro Trono, Michelangelo Milocco e Lorenzo Pelleri.

In seguito alla soppressione dell’Ordine degli Antoniani da parte del papa Pio VI Braschi (17 dicembre 1776), il palazzo e la chiesa, affidati all’Opera della Mendicità Istruita, godettero ancora di un momento glorioso: tra il 1778 e il 1780 infatti il complesso fu trasformato, con un progetto a firma dell’architetto Francesco Valeriano Dellala di Beinasco, in caserma delle Guardie del Corpo del Re. Furono invece le soppressioni napoleoniche a condizionare fortemente le costruzioni: l’Opera abbandonò il complesso, provocandone una inarrestabile decadenza.

La chiesa di Sant’Antonio non era più visibile già nel 1826, con la dispersione delle sue opere d’arte. La proprietà degli edifici passò nell’Ottocento all’Ordine dei santi Maurizio e Lazzaro. Fu allora che in alcuni locali del palazzo trovò abitazione il grande pittore Antonio Fontanesi, che vi morì il 17 aprile 1882; nel portone di ingresso al Museo è murata, a ricordo, una lapide in suo onore.

Pochi sono oggi i resti riconoscibili delle costruzioni antiche: un brano di affresco del coro della chiesa nei locali delle segreterie del primo piano; due colonne in pietra sotto i portici di via Po; una parte della sacrestia nel locale del book-shop, mentre quanto rimasto del campanile è stato murato per preservarlo.

Nel Novecento la storia del palazzo ha trovato una prosecuzione ideale ed un nuovo grande impulso.

Nel 1956 l’intero palazzo fu acquistato da Pietro Accorsi che adibì il piano nobile a sua abitazione e galleria d’arte. Alla sua scomparsa Giulio Ometto, suo allievo, attraverso un meticoloso lavoro, rispettoso della storia secolare del palazzo, ha completamente rinnovato lo storico edificio, rendendolo degna e splendida sede del Museo di Arti Decorative.

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