Statua femminile

  • N. inventario: SC93
  • Autore: Scultore lombardo o romano
  • Datazione: fine XV-inizio XVI secolo oppure prima età imperiale romana
  • Materiale: marmo
  • Dimensioni: 22 x 50 x 8 cm  

Cerca un'opera della nostra collezione

La scultura acefala, forse acquistata dall’antiquario Giuseppe Angotti tra fine Ottocento e inizio Novecento, presenta una datazione incerta, in assenza di informazioni contestuali più precise.

Il piccolo manufatto, realizzato ad altorilievo, presenta una figura femminile panneggiata con il solo himation (mantello) o con la combinazione di himation e peplo dall’ampio kolpos (scollatura). Dubbia l’identificazione, una donna o, più probabilmente, una dea, forse facente parte in origine – come sembrano suggerire la postura, le posizioni delle mani e lo sfondo marmoreo a cui è attaccata – di un gruppo scultoreo.

La superficie corrosa del marmo e la perdita pressoché totale della testa e del volto non consentono confronti precisi, anche se non è possibile escludere un rimando all’arte prassitelica del periodo ellenistico. Il soggetto – copia di un modello più antico – potrebbe essere stato realizzato nella prima età imperiale, come prova l’uso non insistito del trapano. Ma la resa del panneggio, però, potrebbe connettere l’opera anche con l’arte rinascimentale di area lombarda: impossibile delineare il confronto con un artista in particolare, dal momento che tutti gli artisti della scuola lavorano in stretta connessione l’uno con l’altro e si rifanno, come ovvio, ad un preciso stile, dove la volontà di rifarsi a soggetti classici o classicheggianti si affianca alla realizzazione di statue volutamente lasciate incomplete o mutile, quasi come se fossero pezzi di scavo.

Ecco allora un confronto con la cerchia dello scultore Tullio Lombardo, in particolare Giovanni Giorgio Lascaris, in arte Pirgotele, come è possibile ammirare in un rilievo con “Bambino in Trono, Santi e Donatori” proveniente dalla collezione Kress. Oppure i rilievi – all’interno dei Gabinetti d’Alabastro del Palazzo Ducale a Ferrara – del fratello di Tullio, Antonio, anch’egli scultore e architetto. Ancora, i panneggi delicati e ampi di Agostino Busti detto Il Bambaia (ricordato anche dal Vasari) o quelli di Matteo Sanmicheli come si può ammirare nel monumento funebre a Maria di Serbia, nella tomba Tibaldeschi o nel sarcofago di Filippo Vagnone, attribuito quest’ultimo ora al Sanmicheli, ora alla cerchia di Giovanni Antonio Amadeo. Curiosamente, sono tutti artisti chiamati alla decorazione della Certosa di Pavia, negli anni a cavallo tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento.