LA SCELTA DI GIULIO

Giulio Boetto: viaggio di un paesaggista nel secolo che distrusse il paesaggio

Dal 4 luglio al 15 settembre 2019

A cura di Giosuè Boetto Cohen

Quale fu la scelta di Giulio? Perché un titolo da film per un evento dedicato a un pittore? Perché la scelta fu almeno doppia, e questa mostra non è una raccolta di opere.

La mostra, che ha debuttato alla Castiglia di Saluzzo in occasione dei cinquant’anni dalla morte del pittore, arriva a Torino in un adattamento speciale, pensato per gli spazi e l’atmosfera del Museo Accorsi-Ometto. Per l’edizione 2019 sono state utilizzate, oltre ai repertori filmati, novanta fotografie, in gran parte inedite e le riproduzioni di ottantatre opere. La colonna sonora originale, parte fondamentale delle tre installazioni, è stata composta ed eseguita da Marco Robino con l’Ensemble Architorti.

Giulio Boetto, alla fine della Grande Guerra, aveva ventiquattro anni, ed era già celebre. A Torino i giornali ospitavano le sue caricature. Le maggiori rassegne avevano premiato i suoi quadri. Il Re d’Italia ne aveva acquistati alcuni. Gli intellettuali, pur innamorati del nuovo, lo volevano nei salotti. E i produttori del cinema come scenografo e cartellonista. Ma lui aveva già dipinto La casa del prete. Una piccola casa di paese, nascosta nella pianura, come tante altre.  Scoperta per caso, ci era tornato, per studiarla nei particolari, in ogni situazione.  Aveva, insomma, già fatto la sua scelta.

L’arte, lo spirito, la scelta di Giulio Boetto, “torinese di Saluzzo”, poco hanno a che fare con i trend e i fenomeni di costume. Ma sarà interessante guardare al paesaggio piemontese com’era, attraverso le opere di un grande pittore, nel momento in cui una certa consapevolezza dei disastri arrecati – e il desiderio di rivalutare l’esistente – sono un poco più presenti nella vita contemporanea.

GIULIO BOETTO in sintesi

Giulio Boetto nacque nel 1894 Torino, ma a trent’anni trasferì la propria ricerca ai piedi del Monviso, lasciandosi alle spalle la fama che Torino gli aveva già tributato e il vorticoso dibattito sulle Avanguardie. Tra la fine della Grande Guerra e gli anni ’50, è uno dei più proficui e virtuosi interpreti della vita e del paesaggio piemontese (con cruciali incursioni in quello svizzero, romano, veneziano e ligure). Forte di una tecnica straordinaria – che lo distacca, nei suoi lavori migliori, da altri autori italiani dello stesso periodo – realizza anche numerosi ritratti di notevole fattura. Oltre che valente ritrattista, fu paesaggista ispirato da alpeggi e montagne, pascoli e mercati, scene di paese e di piazza. Colpito nel 1951 anni da un grave ictus, dovette interrompere la pittura per un biennio. Morì a Torino nel 1967. È sepolto nel cimitero di Revello.

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